domenica 30 agosto 2009

E se la paura del lupo è genetica?

È chiaro a tutti, ormai in Italia il Lupo non più una specie in via d’estinzione, che dall’Abruzzo si è distribuita su tutto il territorio nazionale, raggiungendo l’Appennino Lucano e spingendosi verso Nord, fino alle Alpi, aggiungendosi agli esemplari arrivati dai Pirenei e dalle montagne della Slovenia.
Però, con gran rammarico, sembra già finita la fortuna di questo grande predatore delle nostre montagne.
In diverse zone montane, dove la presenza di questo animale si incrocia con le attività zootecniche presenti sul territorio, i casi di bracconaggio e di segnalazioni di attacchi a greggi e mandrie sono aumentati.
Si tratta di una situazione assai delicata, caratterizzata da due esigenze nettamente contrastanti tra loro.
Da un lato, occorre mantenere alto il grado di protezione di tale specie, in quanto essendo un predatore all’apice della catena alimentare, il suo ruolo ecologico è fondamentale nella regolazione delle varie popolazioni di ungulati. Considerando che, in Italia è specie protetta ai sensi della Legge 11 Febbraio 1992, n.157 “Norme per la tutela per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio”. Inoltre, è protetta nella Direttiva 92/43/CEE, all’Allegato IV “Specie animali e vegetali d’interesse comunitario che richiedono una protezione rigorosa”.
Dall'altro bisogna tutelare e difendere i pascoli montani, in quanto rappresentano una risorsa sostanziale per l'economia di montagna e per il recupero dei valori tradizionali della cultura montana.
Secondo noi dell’Associazione ViViNatura, la soluzione non è da ricercare negli abbattimenti selettivi, né nell’istituzione di “ronde ecologiche” che allontanino i lupi da greggi e mandrie (come consigliato dalla Coldiretti di Cuneo – La Repubblica 28/08/2009) e non è possibile costringere gli allevatori a costruire serragli e altre difese, o pagare dei sorveglianti, aggravando così le loro spese di gestione.
Occorre, che si trovi un equilibrio tra difesa della natura e valorizzazione dell’economia rurale, ciò è possibile soltanto con l’applicazione di nuove linee di gestione del territorio che riescano ad equilibrare la salvaguardia del patrimonio naturale e la valorizzazione e il mantenimento delle pratiche agro-silvo-pastorali che rappresentano la base per l’economia di tutto il territorio montano nazionale.
Tra le linee possibili di intervento proponiamo: la nuova regolamentazione a livello nazionale (e non locale) delle fide pascolo; il continuo monitoraggio e controllo delle specie faunistiche sul territorio montano cercando di trovare il giusto equilibrio del rapporto preda/predatore; l’implementazione di un disciplinare sistema di risarcimento danni da selvaggina (sia per attacco a capi di bestiame che per danni all’agricoltura); adozione di un sistema di monitoraggio e repressione del fenomeno dei cani inselvatichiti, che molte volte attaccano in branco i capi i bestiame.
Quindi, occorre adoperarsi affinché la gestione del territorio montano sia il risultato della tutela del patrimonio naturale, la salvaguardia dell’economia rurale e l’annullamento delle marginalità dei popoli montani.
Dr. Carlo Trelle